Storia di Simone e Tamara

Condivisione

Ho il piacere di raccontare la storia di Tamara Lunger e Simone Moro, due famosi alpinisti, perché mi sono sentito arricchito e stimolato dal loro racconto.

Ho conosciuto la loro storia vedendo un programma televisivo di Don Marco Pozza, dedicato alla preghiera del Padre Nostro e con la partecipazione di Papa Francesco.

Non affronterò aspetti religiosi ma aspetti che riguardano la vita di tutti a prescindere da una fede religiosa.

Alla fine del racconto e delle mie riflessioni troverete il link alla registrazione della trasmissione televisiva su youtube.

Simone inizia la sua presentazione ringraziando i suoi genitori per avergli regalato la vita e per avergli regalato un sogno.

Quando era bambino e diceva che voleva diventare uno scalatore non lo hanno reso ridicolo. Non lo hanno scoraggiato e non gli hanno detto di mettere la testa a posto.

Simone racconta della perdita del suo grande amico e maestro Anatoli Boukreev.

Il 25 dicembre 1997 durante l’ascensione in invernale dell’Annapurna, Simone, Dimitri Sobolev e Anatoli Boukreev vengono travolti da una valanga.

Simone è l’unico sopravvissuto.

Simone parlando del suo amico Anatoli dice: “i maestri non bisogna aspettarli seduti, non passeranno mai fuori e si accorgeranno di te. I maestri bisogna cercarli.

E per cercare un maestro bisogna sempre avere l’umiltà di sapere che hai bisogno di un maestro …..”

“Io sono sopravvissuto per miracolo e da quella morte sono nate tante vite. Ho dovuto camminare con le mie gambe e provare a essere maestro per qualcun altro. E’ stato doloroso perderlo, mi manca da morire.

Ma questa mancanza è probabilmente anche una benzina che mi spinge ad essere sempre intenso nei momenti che vivo con coloro che vogliono, anche, imparare o condividere qualcosa con me”

Nel maggio del 2001 Simone compromette la sua scalata per soccorrere, con successo, un alpinista che durante la discesa del Lhotse era caduto e davano per spacciato.

Da questa esperienza e dalla sua esperienza del 1997, in cui lui stesso era stato salvato grazie all’intervento di un elicottero, nasce e realizza un progetto.

Creare una unità di eliosoccorso in Nepal per soccorrere non solo gli alpinisti ma la popolazione che vive in quelle montagne.

Simone sembra mettere più enfasi alle volte che ha dovuto rinunciare a una vetta, quelli che potremmo considerare dei fallimenti, piuttosto che ai successi.

Dice chiaramente che il vero obiettivo è quello di ritornare a casa e non quello di raggiungere la vetta.

La giovane Tamara esprime chiaramente il suo bisogno di scalare le montagne perché è la cosa che la rende più felice.

E’ consapevole che c’è il rischio di perdere la vita e lo accetta, anche se fa di tutto per ritornare a casa sana e salva.

Nel febbraio del 2016, Simone e Tamara tentano una impresa che non era ancora riuscita a nessuno.

Raggiungere la vetta del Nanga Parbat, la montagna più grande del mondo, in inverno.

Simone l’ha raggiunta ed è stato il primo scalatore a compiere l’impresa in inverno.

Tamara, a soli 70 metri dalla cima, ha compreso e accettato che non sentiva le forze per farcela e ha deciso di ritornare indietro nonostante i suoi compagni proseguissero.

Mentre ritornava al campo base è caduta e ha creduto che sarebbe morta!

Ma racconta che è rimasta serena.

Se non ci fosse stata nessuna possibilità di salvarsi lo avrebbe accettato.

Se questo era il suo destino e il volere di Dio avrebbe accettato la sua morte anche se era molto giovane.

Tamara e Simone raccontano la loro storia con semplicità e serenità.

Esprimono fiducia in se stessi e negli altri.

Non sono preoccupati di quello che gli altri possono pensare di loro.

Dal mio punto di vista, Simone e Tamara hanno delle grandi qualità.

Mi riferisco a qualità umane e non solo a quelle atletiche e tecniche della loro disciplina.

Hanno creduto nel loro sogno e nelle loro capacità di diventare degli scalatori.

Hanno avuto la fortuna di avere dei genitori che hanno rispettato i loro desideri e bisogni e non li hanno scoraggiati nel provare a realizzare i loro sogni.

Sono ambiziosi, puntano in alto, credono nelle loro capacità e si impegnano per realizzare i loro obiettivi.

Nello stesso tempo riconoscono i loro limiti e i limiti della natura.

Hanno imparato a rinunciare ad una vetta in più per non rischiare la loro vita.

Simone, a differenza di molti altri, ha saputo rinunciare alla sua ambizione per provare a salvare la vita di un altra persona e per fortuna c’è riuscito.

Mi sembra che Simone abbia la qualità preziosa di accettare anche le esperienze dolorose della vita, come la morte del suo grande amico e maestro Anatoli, e riesce a trasformarle in esperienze arricchenti per lui e gli altri.

Esprime la sua gratitudine al suo maestro prendendosi la responsabilità di camminare con le sue gambe e di diventare egli stesso maestro per altri.

Dalla sua esperienza di essere salvo grazie, anche, all’intervento di un elicottero, trae la motivazione per creare una unità di eliosoccorso in Nepal per aiutare tutte le persone in difficoltà in montagna e non solo gli alpinisti.

Simone e Tamara hanno un atteggiamento umile.

Direi non solo nei confronti degli altri ma nei confronti della vita stessa, addirittura nei confronti della loro stessa morte come insegna l’esperienza di Tamara.

La loro storia mi torna spesso in mente e penso che possa essere di incoraggiamento per tutti, magari nei momenti difficili della vita, a continuare a credere in se stessi e nei propri valori nonostante i propri limiti e le difficoltà della vita.

Chi volesse vedere l’intervista di don Marco Pozza a Tamara e Simone ecco il link:

https://www.youtube.com/watch?v=4NGrrDJ1AD8 (inizia al 20esimo min.)

Condivisione